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sabato 26 novembre 2011

Giovani dell'altro Mondo - la storia di Benedetta di Milano

La testimonianza di una ragazza di Milano, che finita l'università si concede un periodo "sabbatico" alla scoperta di nuova gente, una nuova cultura e soprattutto di una nuova consapevolezza...

Sono una giovane dell’altro mondo, Benedetta di 30 anni di Milano.
Finito il periodo universitario, avevo 23 anni e tanta, tanta voglia di misurarmi con un’altra cultura, altra gente, un’altra lingua e soprattutto volevo diventare consapevole del fatto che io, giovane studentessa super coccolata dai miei genitori, ce l’avrei fatta anche da sola.
E così nell'aprile 2004 partii alla volta dell’Irlanda, destinazione Baldoyle, piccola zona costiera nei pressi di Dublino.
Sapevo che la mia esperienza sarebbe stata a breve termine, avevo programmato di star via per soli due mesi, ma con altrettanta consapevolezza sapevo che sarei tornata con un bagaglio in più (e non mi riferisco allo shopping compulsivo).
Inizialmente mi sentii smarrita, le persone che mi accoglievano in casa erano gentili ma in fondo si trattava di sconosciuti. La domenica mi sedetti a tavola con la mia nuova famiglia e con amara delusione constatai che il pranzo consisteva in un toast poco pretenzioso.
Semplici episodi di questo tipo, più quella cupa pioggerellina che non sembrava dar tregua, mi fecero sentire nostalgia della mia famiglia, di casa e dell’Italia.
Ma con l’arrivo improvviso del primo raggio di sole, incominciai ad essere più ottimista e da quel momento fu solo salita. Conobbi più gente in due mesi, che in un anno qui in Italia, forse per il semplice motivo che un soggiorno all’estero ti permette di essere più disposto verso gli altri, fatto sta che mi ritrovai circondata da amici, alcuni dei quali mi accompagnano ancora nella vita di tutti i giorni (partendo da mio marito).
In quel periodo mi resi conto di alcuni valori che qui in Italia, talvolta, sembrano essere un po’ lasciati nel dimenticatoio: in primis il rispetto per l’ambiente e per le persone. Le opportunità lavorative, tralasciando l’ultimissimo periodo di crisi, erano molto più frequenti e eque che qui da noi, dove i giovani vengono troppo spesso sfruttati a favore di un antiquato sistema che non lascia respiro.
La diversa concezione della convivialità, del divertimento e del rapporto uomo-donna, permette di vivere alcune situazioni con più leggerezza. Solamente passeggiare per le strade, mette meno ansia.
In generale si ha meno paura di andare in giro da soli, ma anche il fatto di non essere squadrati dall’alto al basso per il modo in cui ci si veste e per il proprio stile è un fattore di non poca importanza che ci costringe a riflettere sulle pressioni che la nostra società impone alle apparenze.
Se dovessi consigliare ad un giovane di partire lo farei senza dubbio, gli direi di non perdere l’occasione di grande crescita personale e di spensieratezza che solo un’esperienza del genere può donare.
Io sono tornata in Italia perché è il mio paese e nonostante tutto quello che si sente in giro, adoro alcune sue peculiarità come il sole, il cibo e il calore delle persone (soprattutto al sud). Però cambierei alcune cose che proprio non vanno e che sembrano lasciate in secondo piano (a favore di altri aspetti definiti “prioritari”) come le poche possibilità di crescita professionale che lasciano i giovani in uno stato perenne di precarietà. Questo, lasciatemelo dire, è davvero sconcertante.

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